DIVERSAMENTE DAI “CRUSICH” MALINCONICI “QUATTRO UOMINI IN FUGA” DIVERTENTI NARRATI DA GIANFRANCO CALLIGARICH

di Enzo Rossi-Ròiss
Il Godot teatralizzato da Samuel Beckett, presumibile metafora/simulacro del successo letterario portatore di riconoscimenti remuneranti e lettori numerosi paganti, non sarà più “atteso” (di giorno in giorno) da Gianfranco Calligarich, in dimestichezza con la teatralizzazione praticata fondando il Teatro XX Secolo nel 1994 a Roma, scrittore edito da Bompiani (i titoli “catalogati” tra 2013 e il 2018 sono già 5) in accordo con l’agenzia Grandi & Associati. Fu creduto “Godot” il Premio Inedito, padrinato da Cesare Garboli e Natalia Ginsburg, che gli fu aggiudicato nel 1973 per il suo primo romanzo “L’ultima estate in città” edito da Garzanti (rieditato poi da Aragno 2010 e Bompiani 2016), considerandolo “caso letterario” equivalente a “Il giovane Holden” di J. D. Salinger. Samuel Beckett (nato nel 1906) cominciò ad attendere l’arrivo del suo Godot, già autore di “Murphy” edito nel 1938, scrivendo poi “Aspettando Godot” nel 1953, dopo avere pubblicato le tre narrazioni intitolate “Molloy”, “Malone muore”, “L’Innominabile” (scritte tra il 1946 e 1949), fino a che non gli fu assegnato il Premio Nobel 1969. Gianfranco Calligarich, scrittore mirante l’ottuagenarietà anagrafica, autore della saga familiare romanzata in “La malinconia dei Crusich” (un libro edito da Bompiani), nel 2017 è stato finalista ai premi Grinzane, Manzoni e Vigevano e vinto i premi Fiuggi e Viareggio-Rèpaci. Durante il 2018, da quali Premi sarà gratificato e in quanti premi munifici risulterà finalista il “Quattro uomini in fuga” (Bompiani), narrazione di gesta picaresche compiute da squinternati Lazzarilli nostrani, letteratureggiate con una scrittura dilettevole e intrigante che risulta già sceneggiatura, pronta per una trasposizione televisiva o cinematografica ben pagata? Il Calligarich lo ha scritto zibaldoneggiando à gogo autobiografismo semiserio, eroicomico, burlesco: …alter-ego-izzandosi ad libitum nomato Casablanca e Casablanca Bis. Trattasi di una narrazione destinata a essere adeguatamente web-eco- critico-notiziata e “premiata”. Micro-sinossi-zzabile anche come qui di seguito.
A (Prologo) – Il tragicomico rapimento di un toro da monta con nelle intenzioni la richiesta di un lauto riscatto al proprietario suo allevatore: genitore di uno dei rapitori. B (Fuga nella capitale. Sulla strada di Damasco. Un anomalo capodano. Dalle stelle alle stalle) – La creazione e promozione a Roma di un teatro off, condominiato con una fontana monumentale giardinata, intestato al regista/attore russo Constantin Stanislavskij: un teatro off singolarmente ubicato in posizione sovrastante anziché sottostante ed accessibile salendo una scala a chiocciola. C (N. N.) – L’intervento finanziario salvifico di un miliardario americano nomato Enne Enne teatralcineappassionato fangangsterofilo, con La Grande Bellezza di una cena rinascimentale cinematografara in un giardino sorrentinato lunescente. D ( Forse sarà il caso di parlare d’amore. Quattro samurai) Gli innamoramenti non condivisi. Le pulsioni insoddisfatte. Gli alterchi inopportuni e imbarazzanti in presenza di estranei. E (La fiamma del peccato. Rònin.) La chiusura definitiva del Teatro Stanislavskij. Il ritorno alla anonimia e marginalità strapaesana. Con digressioni ad usum argomentazione sememizzata …in atto, exemplate qui di seguito: A – il gioco del poker con le sue regole, le astuzie tattiche, le avanzate e le ritirate strategiche; B – la messa in scena teatrale con la regia, la scenografia, la recitazione, l’assegnazione dei ruoli, il finanziamento, la propaganda con i suoi costi; C – la dinamite del Nobel metaforizzante l’innamoramento e il discorso amoroso profiquamente frammentato da Roland Barthes .
Concludo trascrivendo una sinossi divertita & divertente… feisbukata dall’Autore per i sinossatori copiaincollatori. Quattro sgangherati amici decidono di scrollarsi di dosso le nebbie e l’accidia del loro paesino padano per darsi all’Avventura e realizzare i propri sogni. Prima col rapimento di un toro da monta, nascondendolo nella dependance di un Jolly Hotel in attesa del riscatto, con drammatiche conseguenze, e poi levando le tende alla volta di Roma per fondare un teatro off. La voce di Casablanca, il più appartato dei quattro, narra una tragicomica vicenda di donchisciotti votati ai fallimenti: Paolo, che data la sua somiglianza con Jack Palance ambisce ai riflettori del teatro e del cinema, Elio, basso botolo ringhioso segnato da una fatale avarizia, Sauro, elegante ceramista mancato che le donne divorano con lo sguardo, e infine Casablanca stesso, diventato regista per caso, impegnato in un difficile faccia a faccia con un suo protervo Casablanca Bis alter ego. L’inizio del teatro è disastroso, ma poi entra in scena l’affascinante, ricchissimo N. N., che finanzia la loro impresa con la generosità di un mecenate d’altri tempi. Basterà il denaro a tenere insiemei quattro amici sempre in fuga da se stessi e dalla realtà? A far naufragare i loro sogni saranno i sentimenti, “quel candelotto di dinamite che ognuno si porta appresso dalle parti del cuore e sempre pronto a esplodere”.
Rovistando nei depositi della incompiutezza già letteraturarizzata in ogni tempo e lingua: col proposito di esibire A ciò che è stato dissimulato, B svelando ciò che è stato celato, C spogliando l’eccessivamente abbigliato, D rinvangando il già vangato.