ERMINIA PEGGIO SUICIDA INNAMORATA DI EMANUELE MACALUSO DURANTE GLI ANNI SESSANTA

di Enzo Fossi Ròiss
ERMINIA PEGGIO

E’ stata sorella del deputato comunista Eugenio Peggio (1929 – 1990) illustre economista dirigente del partito. Si è suicidata durante la fine degli anni Sessanta, male oscurata dalla mancata convivenza more uxorio con Emanuele Macaluso (1924), esponente di spicco del Partito Comunista Italiano, condizionato dalla morale puritana sovietogliattiana. La vicenda non ha avuto a suo tempo alcun clamore giornalistico. Il Macaluso l’ha ricordata autobiografandosi alcuni anni dopo come colpevole di viltà. Una colpevolezza ribadita in più occasioni, come nel frammento d’intervista copiato e incollato qui di seguito

Negli Anni 60 lei ebbe un altro amore doloroso, vero?
«La relazione con Lina (moglie altrui separata) era esaurita. Mi legai a Erminia Peggio, sorella di un dirigente del partito, Eugenio Peggio. Ma io non ero pronto a troncare con la mia famiglia e la madre di due figli miei. Erminia soffrì molto. Dopo alcuni mesi si suicidò. Fu un dolore terribile».
Che ebbe conseguenze politiche.
«Giorgio Amendola chiese a Eugenio Peggio di formalizzare un’accusa di “scorrettezza morale” nei miei confronti».
Perché lo fece?
«Un po’ perché Amendola era un puritano, legatissimo alla moglie, non a caso sono morti insieme. Un po’ perché avevamo contrasti politici. Con Longo segretario, il partito era in mano a Berlinguer, capo della segreteria, a Natta e a me, capo dell’organizzazione. Ci chiamavano il “trio”. Amendola voleva spedire Berlinguer in Lombardia e me in Veneto. Longo si oppose».