Erotismo Artisticato

DEL “GRANDE AMORE” MITO SALVIFICO
Considerandomi destinato a concludere in tempi brevi il mio già lungo vissuto, straordinariamente connotato da incontri e scontri – sia positivi e fertili, sia negativi e sterili – meritevoli di essere versificati, oppure narrati – scrivo che il meglio delle mie creazioni letterarie edite e inedite – in versi e in prosa – le ho ideate e generate durante il percorso di alcune tappe del mio tour esistenziale, per contrastare l’amore che si ritraeva da me. Quale amore? Il “Grande Amore”: “…passione consolatrice e derisoria illusione, carica umorale ed elettrica o fulmine del destino”, per dirla con parole di Julia Kristeva. L’amore che mi risultava usurato e in rovina, pensandoci su. Costruibile e decostruibile letteratureggiato come mito salvifico, però, attraverso me, fuori di me, foriero di continua rinascita per la goduriosità di nuove emozioni e stupefazioni.


CARI MASCHI, LE DONNE FANNO SESSO COME NOI

“Fica”: bisillabo che, pronunciato dai maschi, risulta essere, nella quasi totalità dei casi, il più strumentale e volgare degli epiteti, o dei molto presunti complimenti, la riduzione della persona femmina al suo utilizzo sessuale.
La “Fica” diventa parola che significa… organo sessuale atto non solamente alla riproduzione ma anche al piacere, alla conoscenza e alla libertà: detta da una donna che la tratta come natura incarnata, come felicità di sé.
La “fica”, la sineddoche per eccellenza, la parte per il tutto, è evasa dalla sua galera e carcerieri di ogni risma, in tutto il mondo, la stanno cercando per punirla e riportarla in cella.
Femmine e maschi sono veramente uguali: vogliosi, curiosi, infedeli.
Agli uomini e alle donne piace fare la stessa cosa: fare l’amore, toccarsi, baciarsi, venire. Fare il sesso nella stessa maniera incontrastata, pulita, con la quale si mangia, si beve, si vive.
Senza l’eros la vita non ha sguardo.
(MICHELE SERRA in “la Repubblica”, recensendo la “Enciclopedia della donna “, romanzo di Valeria Parrella)

LEGGENDO IL LIBRO INTITOLATO “SENI”
(Testo pubblicato nel mio canzoniere intitolato “Poemi Doping” (pag. 229), I Antichi Editori Venezia 2008).
di Enzo Rossi-Ròiss

Leggendo SENI:
ho vagheggiato seni ai quali non si addice la lascivia, ma la dolcezza.
Leggendo SENI:
ho vagheggiato seni lisci e sodi, senza la traccia di una piega,
né alcun indizio della rovina e della decadenza.
Leggendo SENI:
ho vagheggiato seni che, appena toccati, cedono
con l’elasticità e la morbidezza della prima maturazione.
Leggendo SENI:
ho vagheggiato seni puliti, magnanimi e benevoli,
bianchi e rotondi, eccitanti senza inganno.
Leggendo SENI:
ho vagheggiato seni che hanno delineato un esteso panorama ai miei occhi.
Leggendo SENI:
ho vagheggiato seni che non mi sono risultati calzini gonfi,
saccocce o tasche isolate e allungate.
Leggendo SENI:
ho vagheggiato seni magistrali che ho toccato per sincerarmi d’esser vivo,
seni che mi hanno fatto riconoscere l’alba palpeggiando la loro sfericità.
Leggendo SENI:
ho navigato nella laguna veneta assolata su una barca
pilotata dalle mani di una giovane donna
che ho vagheggiato a me accostata con i seni nudi al vento
affondati nell’onda di ogni mio abbraccio condiviso.
Leggendo SENI:
ho vagheggiato accarezzamenti ai seni di una giovane donna
che ho soltanto ammirato furtivamente con sguardi sovrastanti
nell’unica occasione in cui mi è stata accanto e ha fatto muovere
passi decisi e veloci senza inciampare al mio desiderio amoroso.
Leggendo “Seni” di Ramon Gomez De La Serna (1988-1963)

 

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Nello spazio Free Foolery in Calle del Fumo a Venezia — Cannaregio 5306/A (per andare alle Fondamenta Nuove, imbarcadero per Murano) — dal 27 giugno al 19 luglio 2013, organizzata dalla Compagnia De Calza «I Antichi», critico curatore Enzo Rossi-Ròiss — e ovviamente in concomitanza con la 55 Biennale Arti Visive — protagonista la pittrice lettone Ilze Jaunberga (www.ilzejaunberga.com), con numerose esposizioni personali a Venezia (città aciclopedica), illustrate e bio-bibliografate nel suo curriculum. Attrazioni le sue originalissime sculture vetrose fallomorfe realizzate a Murano ed esposte in uno spazio abitato stabilmente dalla fashion creativity griffata Free Foolery.

Ilze Jaunberga, Priapeide Fuori Biennale alla Free Foolery Venezia (manifesto).
VENEZIA ( “Il Ridotto”, mensile on line diretto  da Luca Colferai)
Esposizione Fuori Biennale perché non è collaterale alla Biennale, né supplementare o alternativa: concomitante, però, e meritevole di essere enciclopedizzata patafisicamente nel Palazzo metaforico e omnicomprensivo logotipato Biennale Arti Visive 2013 da Massimiliano Gioni.

Per quanto riguarda la deambiguazione della loro artisticità, suggeriamo sia effettuata dopo aver letto ciò che segue, brano di un testo scritto e webizzato dal curatore Enzo Rossi-Ròiss per eventare altra esposizione della stessa artista. «Ai conoscitori informati di ciò che si può creare modellando artisticamente la materia vetrosa e ai collezionisti di sculture in vetro che non raffigurano, diversamente dimensionato e colorato, il solito abbraccio frontale di amanti in piedi e la stereotipia varia decorativa, modellata per clienti turisti massificati, laPriapeide vetrosa della Jaunberga risulterà meritevole di essere esaminata cominciando con l’accertamento delle dimensioni dell’area metaforica nelle quale fare esplodere la carica simbolica delle opere che la costituiscono. Approcciando, così, ognuna delle sculture esposte come oggetto materiale scultoreo dotato di pertinenze estetiche, degno di essere esaminato da estetologi più che da pseudo e simil esegeti maldicenti. Perché diPriapeide vetrosa si parli e si scriva con cognizione di causa…come suol dirsi».