NELLA CASA MANZONI A MILANO CON VALERIA MANZONI (anticipazione del “TOMO SECONDO” di Enzo Rossi-Ròiss, in corso di stampa)

di Enzo Rossi-Roiss

Nella residenza milanese della signora Valeria Manzoni ho mosso i primi passi, durante una giornata dell’anno 1976, introdotto dal Geremia Orio di Brera, titolare di un negozio contiguo alla galleria Vismara contigua allo storico Bar Jamaica, dirimpettaio di Pino Pinelli artista in carriera non ancora mercanteggiato proficuamente nei padiglioni delle Fiere artistiche. Sono stato introdotto in tale residenza, quindi, da un negoziante fornitore di abbigliamento casual ambosessi permutabile da artisti squattrinati con dipinti personali referenziati da gallerie simili alla milanese “Il Cenobio” di via San Carpoforo, citata in conversazione con l’Orio di Brera. Un personaggio nato nel 1927, collettore d’intermediazioni eterogenee, che mi ha prima illustrato e poi presentato alla signora Manzoni, come scrittore e giornalista conoscitore e stimatore della “artisticità” del figlio Piero Manzoni, interessato a curare la organizzazione e “circuitazione” di una esposizione personale, allestita con opere non catalogate dal duo Celant-Prearo provenienti dalla sua collezione famigliare e da collezionisti a lei noti.

Noti come il Geremia Orio mio mentore che si è mosso in tale location abitativa come “boss” fiduciario in dimestichezza con la “padrona di casa”, rassicurandola per quanto poteva riguardare la correttezza del mio progetto espositivo e la serietà delle mie intenzioni organizzative.

Durante il nostro primo incontro nella sua residenza, la signora Manzoni mi ha rivelato nel 1976 che avrebbe festeggiato durante l’anno successivo il suo 70esimo compleanno, essendo nata nel 1907: dichiarandosi disposta a collaborare.

Alla fine di questo primo incontro, il Geremia Orio ho cominciato subito a percepirlo “faccendiere” da badare: “sensale” interessato al mercanteggiamento delle opere manzoniane divenute arredo murale nella residenza milanese della signora Valeria Manzoni. Stabilendo “a priori!” che ognuna delle esposizioni l’avrei personalmente “curata” e massmediatizzata autonomamente come expo allestita con opere non catalogate dal duo Celant-Prearo provenienti dalla collezione della Manzoni e da collezioni private a lei note: tutte opere dotate di dichiarazioni d’autenticità autografe firmate Valeria Manzoni sul retro di riproduzioni fotografiche: simili a quelle che farciscono questo Dossier.

Il Geremia Orio mi disse che avrebbe assunto “sponte sua”, approvato dalla Manzoni, un ruolo autonomo di intermediario tra la mia persona e gli amatori collezionisti proprietari di opere non catalogate dal duo Celant-Prearo: a cominciare dal baritono Giuseppe Zecchillo insediato nell’ex atelier del Manzoni in via Fiori Chiari 16, il medico Alessandro Passarè certificatore del decesso dell’Artista causato da un malcelato arresto cardiaco, Esterino Clerici l’ártigiano squattrinato magaziniere custode e co-manufattore di opere già esposte, Nanda Vigo la fidanzata.

Le gallerie d’arte le avrei contattate personalmente attivando un “cosiddetto “passa-parola” tra gli amatori collezionisti, e concordando preventivamente che le opere mi sarebbero state affidate in conto esposizione con i costi del loro trasporto a mio carico a cominciare da una prima esposizione a Bologna: circuitata poi a Roma, Modena, Urbino, Bolzano. Esposizione che avrei promossa come attività mirata a documentare e visualizzare opere di Piero Manzoni non catalogate dal duo Celant-Prearo. Opere dichiarate e accreditate autentiche dalla madre dell’artista all’insaputa “malcelata” degli altri famigliari eredi del defunto (due sorelle + un fratello) in tutt’altre faccende parentali affaccendati.

Fino al giorno in cui la signora Valeria Manzoni, come “autenticatrice” (o autenticatora!?) delle opere del figlio artista morto prematuramente, sarebbe stata considerata inopportuna (risultando anche falsificata) e, perciò, sostituita in tale ruolo dalla figliolanza che ha generato nel 1991 un Archivio Opera Piero Manzoni destinato a ri-nominarsi ri-formalizzato “pour cause” Fondazione Piero Manzoni presieduta e governata da famigli.

Per quanto riguarda l’Orio Geremia ho cominciato a discriminarlo come intermediario faccendiere manzonofilo: gestore tutto fare di un negozio di abbigliamento casual, attivo anche come agenzia per il reperimento e smistamento collezionistico di opere “manzoniane”. Manifestandogli la mia disapprovazione relativa alla sua presenza a Roma nel giorno della inaugurazione della expo allestita negli spazi della Skene Arte “madrinata” da Palma Bucarelli. Sconsigliandolo di essere presente nelle expo allestite successivamente a Modena, Urbino e Bolzano, poiché nella via Brera risultava attivo (condiviso) una “vox populi” che lo indicava come affaccendato nel mercanteggiamento di opere manzoniane facsimili dotate di autenticazione “grafoimitata” inattendibile.

1 thought on “NELLA CASA MANZONI A MILANO CON VALERIA MANZONI (anticipazione del “TOMO SECONDO” di Enzo Rossi-Ròiss, in corso di stampa)”

  1. Peter Van Der Glossen
    UNA PREFAZIONE REPETITA
    (Già pubblicata nel Tomo Primo)

    In questo “Dossier”, il Manzoni press-agent, manager, impresario e buttafuori di se stesso, “artista” a tempo pieno, enfant bourgeois, lo si coglie con un’occhiata rapida e una lettura agevole (anche agile).
    Vi sono riprodotti molti “esempi” di opere sue osannate post-mortem dalla critica militante, più accanitamente da quella universitaria coadiuvata da laureandi incaricati di occuparsene scrivendo “tesi” e “tesine”.
    Il montaggio è volutamente giornalistico (con tante immagini, anche), perché intende documentare la vicenda creativa ed esistenziale del protagonista, non solo con opere inedite e testimonianze coeve, ma anche con documenti originali e originari.
    Lo stesso Manzoni non avrebbe impaginato altro “Dossier” per dare di sé l’immagine più compiuta (o completa) e vanitosa.
    Enzo Rossi-Ròiss ha assemblato (e scritto) questo DOSSIER con l’affetto di un coevo (di uno che l’ha conosciuto) per sfogare indignazione all’indirizzo dei tanti posteri che si sono appropriati della sua esistenza breve e vi si sono collocati con ruoli immaginari e ambigue intenzioni (anche iniziative) catalogatorie.
    Notiziando altro libro/dossier del Ròiss (il Bianco, la Merda, Manzoni), un recensore de “la Repubblica” (5/6 agosto 1979) scrisse: “Se è vero ciò non è neanche detto che al Manzoni sarebbe spiaciuto: quando vendeva il suo fiato immagazzinato in un palloncino o arrotolava una linea di tre nove o settemiladuecento metri in un contenitore, quando firmava e datava il sedere di una signorina svestita, ho confezionava 90 scatolette di Merda d’ Artista – contenuto netto gr.30, conservata al naturale – adeguandone il prezzo al valore dell’oro. Piero Manzoni, creando, viveva, comunicava, irrideva e domandava: la risposta che desiderava non l’aveva certo precostituita, purchè ci fosse, l’avrebbe apprezzata”.
    Apprezzi il lettore questo DOSSIER: saprà cosa dire a chi manzoneggia dopo (o per) essersi collocato nella “vicenda” di Piero Manzoni con ruolo immaginario e intenzioni (azioni, anche) ambigue…postume.

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