DELL’IDENTIKIT DELLA BELLA DONNA abbozzato da Federigo Luigini da Udine in un libro edito nel 1554

Ve l’immaginate cinque dotti benestanti dei nostri giorni, narrati da uno scrittore contemporaneo ospiti in vacanza nella tenuta di caccia di uno di loro, impegnati a tracciare l’identikit di una bella donna, dopo aver concluso che nessuna delle loro partner in carica la incarna?

Ve l’immaginate cinque gentiluomini nostri contemporanei bene accasati, impegnati a turno durante le ore serali di tre giorni consecutivi e dopo aver trascorso la giornata cacciando aironi, anitrelle e qualche uccello di passo, descritti come bibliodisquisitori del colore e della lunghezza dei capelli e degli occhi, dell’ampiezza della fronte, della forma del naso e delle labbra e del mento e di ogni altro particolare fisico femminile, procedendo dall’alto in basso, senza trascurare le zone erogene?
Non immaginateli, perché li ha sognati e già narrati l’autore del libro intitolato “Della bella donna” stampato a Venezia nel 1554 in 8° per conto di Plinio Pietrasanta, autore Federigo Luigini. Una rarità bibliografica introvabile nelle librerie, la cui ultima pubblicazione moderna è datata 1925 (vol.XXIV della collana “I classici dell’amore”, L’Aristocratica, Milano).
I cinque aristocratici cinquecenteschi protagonisti del libro del Luigini, soggiornanti in una villa friulana a S. Martino di proprietà Godroipo, sono: Jacopo Godroipo, M.Pietro Arrigoni, Nicolò Della Fornace, un Sig. Vinciguerra, un Sig. Ladislao. Riassumo di seguito alcuni brani sottolineati durante la lettura.

I CAPELLI saranno di colore che s’assomigli al forbito, puro e ben fino oro, (…) che sieno crespi, folti e lunghi, (…) così alla donna viene il lungo a conferire grazia maggiore. Gli OCCHI vo che negri sieno come una matura oliva, come una pece, come un velluto, e tali che si assomiglino a due carboni negrissimi (…) luminosi e sfavillanti: (…) Vorrei poscia che fossero non vaghi no, ma parchi a muovere e pietosi in riguardare. Le PALPEBRE sieno casa di loro, cioè belle a meraviglia. Le CIGLIA negre come indiano ebano. Le SOPRACCIGLIA poi, chiamate archi dall’Ariosto, saranno negrissime, sottilissime e minutissime. La FRONTE sia larga, alta, lucida e piena di divine bellezze. Il NASO sia per la mia stima picciolo, che invero un grande deforma assai la donna. La BOCCA di picciolo spazio contenta, viene non poco di grazia ad una vergine a porgere. Le GUANCE saranno tenere morbide. Piaceranno sommamente se si scoprirà in loro il bianco giglio e la vermiglia rosa, il purpureo giacinto e il candido ligustro. I DENTI simili a perle. La GOLA di colore di marmo, (…) cioè candida si, che candidezza maggiore non apparisse né in cigno, né in giglio, né in ermellino, né in neve. Le MAMMELLE picciole, tonde, sode e crudette, e tutte simili a due rotondi e dolci pomi (…) a toccar dilettevoli, e a vedere similmente. Le SPALLE terse e belle, e dritte appresso, come voglio ch’elle sieno, e ch’elle vi si trovino. Le BRACCIA non picciola bellezza scorgerassi se delicate, grossette e dolci al tutto sieno e gentili. Le MANI, lunghe, tenerelle e pulite, e l’unghie somiglianti a perle orientali. I FIANCHI bisogna che sieno anzi rilevati che no. Il VENTRE dee esser netto, anzi nettissimo e tutto piano. La VULVA: il luogo onde tutti noi venimmo al mondo, sendo egli il nido del piacere, e bello quantunque si voglia, (…) sarà picciolo e poco fesso, ma sì lascivo, giocondo ed amoroso che oltre misura venga a piacere ai riguardanti, (…) che ci tira e alletta a vagheggiare solamente lui, e solamente lui avere in bocca, e di lui solamente parlare. Vò che si giudichi e creda che ognuno ivi la grazia essere nata, ivi cresciuta ed allevata, e ivi felicissimamente starsi e godersi. Le PARTI DERETANE né ampie né picciole han da piacere, ma partecipanti tanto dell’uno quanto dell’altro,(…) cioè le NATICHE ben sospinte in fuori, così giudicando non poca parte di bellezza ad un donna aggiungersi. Le COSCE debbono essere morbidette, lascive, tremanti e piene di tutto quel bello che in somma e perfetta bellezza le ponno ridurre. Le GAMBE denno trovarsi in quella guisa formate in questa donna,(…) rotonde in lungo e non altramente. (…) Se così vi si vedranno, appariranno anzi molli, delicate e succose che no, e conseguentemente belle e riguardevoli. I PIEDI (…) brevi asciutti e rotondetti.

Il tutto supportato da versi et altro di: Agostino, Orazio, Virgilio, Ovidio, Properzio, Tibullo, Apuleio, Petrarca (il più citato), Boccaccio, Bembo, Ariosto, Sannazzaro, Ercole Strozza.
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Federigo Luigini ( o Luisini) è nato (la data è ignota) da Bartolomeo della nobile famiglia de’ Lovisini o Luvisini, creato conte palatino lateranense dall’imperatore Federico III con diploma datato lunedì 2 gennaio 1469, e da Paola Manini, sorella di Francesco Manini canonico e uomo dotto di Cividale del Friuli. Ha avuto per fratelli Francesco, Bernardo e Riccardo, anche loro letterati. Altro suo libro ha per titolo “Liber proverbiorum”. E’ ignota la sua data di morte. Gian Giuseppe Liuti lo annovera come autore di letteratura “femminile e galante”, poesie in lingua italiana, un sonetto in lingua friulana, e della versione italiana di un’operetta spirituale di Erasmo, in ”Notizie della vita ed opere scritte da letterati del Friuli (Modesto Fenzo Ed., Venezia 1767).