Caro Pitu,
ogni volta che qualcuno ti parlerà della (o sulla) “Resistenza”, chiedigli che ti parli prima della “resistenza lunghissima”, quella politica che ha avuto inizio nel 1919: poi della “resistenza lunga”, quella armata e organizzata che ha avuto in inizio dopo l’8 settembre 1943; ed infine della “resistenza corta” (in alcuni casi cortissima), quella che ha Avuto inizio quando oramai gli stessi soldati tedeschi si erano rassegnati a perdere la guerra che i loro Capi continuavano a ordinare di combattere su tutti i fronti.
E’ importante, oggi più che mai, distinguere i tre tipi di “Resistenza”, come tre categorie diverse che raggruppano tre diversi comportamenti politici, tre diverse ideologie o mentalità maturate nel frattempo.
Chiedi a chi ti parla, caro Pitu, a quale di queste tre categorie appartiene: quanti anni, mesi o giorni è durata la sua “resistenza” personale.
Se ti dirà che appartiene alla categoria della “resistenza lunghissima”, significa che è nato alla fine del 1800 o durante i primi anni del 1900, e sarà perciò molto vecchio. Chiedigli di raccontarti le violenze subite dai fascisti. Fatti elencare i luoghi in cui è stato incarcerato o confinato. Ti dirà anche che a un certo punto fu costretto a rifugiarsi in un Paese straniero e che i fascisti se la presero con i parenti rimasti in
Italia.
Se ti dirà che appartiene alla categoria della “resistenza lunga” armata e organizzata, significa che ha cominciato a sparare contro i fascisti appena gli hanno chiesto di cominciare a sparare contro i nemici del fascismo, convocandolo per essere arruolato nell’esercito comandato da Mussolini: significa che si è rifiutato d’indossare la divisa fascista, perché tale divisa significava da troppi anni prepotenza, violenza e mancanza di libertà.
Se ti dirà che appartiene alla categoria della “resistenza corta”, significa che si è dichiarato antifascista quando lo stesso fascismo, suo malgrado, cominciò a convincerlo che era destinato a essere irrimediabilmente sconfitto. A chi appartiene a questa “categoria” chiedi se ha mai partecipato a operazioni di rastrellamento di partigiani, se ha mai assistito senza mai intervenire ad atti di violenza fascista, se ha mai denunciato partigiani alla polizia fascista, se si è mai rifiutato di nascondere un “ribelle” ricercato o di aiutarlo, comunque, prima di schierarsi al seguito delle forse democratiche impegnate a dar la caccia al Mussolini fuggiasco, intanto che i tedeschi si allontanavano dall’Italia definitivamente sconfitti.
Di tutto ciò che ti sarà detto della (e sulla) “Resistenza”, caro Pitu, ricorda soltanto ciò che ti diranno i “vecchi” della prima categoria e i meno vecchi della seconda. Diffida di tutti quelli che appartengono alla terza categoria e non credere alle loro narrazioni.
Se, appena giovanotto in età maggiorenne, deciderai di coltivare gli ideali della “Resistenza”, dividi i partigiani della “resistenza lunga” in due gruppi: i ribelli della montagna e gli strateghi politici delle città. Poi, tra i migliori del gruppo, scegli il “modello” da seminare perché ti risulta più congeniale, dopo aver esaminato e filtrato ogni suo comportamento pubblico e privato dal giorno della liberazione – 25 aprile 1945 – al giorno in cui deciderai di presceglierlo.
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Lettera estratta dalla “Premessa” pubblicata nel libro “Partigiani in azione”, Edizioni Fotofrafis Bologna 1983. Indirizzata a un alunno delle scuole medie inferiori, figlio di un uomo coetaneo dell’Autore: un adolescente nomato “Pitu”, come nella consuetudine della lotta partigiana, perché la sua identificazioni risulti ostacolata a ogni insegnante di principi antidemocratici.
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Non è un libro – testimonianza scritto da un partigiano. Non è il resoconto sentimentale di un protagonista. E’ un racconto. Potrebbe essere adottato come manuale. Il linguaggio e quello del cronista (anche radio e tele – cronista).
Nella parte centrale, là dove ha inizio la marcia – maratona dei feriti, nel capitolo dell’imboscata e nella descrizione della caccia al partigiano sopravvissuto, il linguaggio risulta più letterario, quasi ritmato come in una sceneggiatura cinematografica. Le Note indicano fonti bibliografiche edite, oppure riferiscono notizie e testimonianze originali inedite.